Dalla causalità alla dualità: il primo cammino?

Dalla causalità alla dualità: il primo cammino?

La Bionalogia si appoggia sull’ipotesi che tutto è analogico all’incontro fra il tempo e lo spazio e che la vita si legge su tre piani né collegati nel separati, appartenenti ad una sola e unica realtà.

Questa legge unitaria di dispiega in modo olografico e frattale dall’”origine del nostro universo” e si interpreta al di fuori di ogni causalità e dualità.

Che cosa significa realmente “al di fuori delle causalità e al di fuori della dualità?”

La causalità – o relazione di causa effetto – è legata alla causa in quanto ragione prima. Ha una anteriorità sulla cosa costatata. Questa nozione implica quindi una nozione di tempo che preesiste alla nozione di spazio.

La dualità – è una constatazione che si fa su una cosa finita, una sorta di corrispondenza reciproca. Questo implica quindi una nozione di spazio. Fa riferimento ad una interpretazione mentale della realtà.

Detto altrimenti, dualità e causalità sono i parametri indispensabili dell’interpretazione che abbiamo dell’universo nella quale viviamo. Questo modo di funzionare duale e causale è proprio dell’intelligenza. Wikipedia definisce l’intelligenza come “ l’insieme dei processi del pensiero di un essere vivente che gli permette di adattarsi a delle situazioni nuove, di apprendere o di comprendere. “

Come ho già detto numerose volete, l’intelligenza è propria del funzionamento dell’animale. Questi interpreta in sì o no ciò che succede all’esterno in termine di sopravvivenza ciò che gli permette di adattarsi, di apprendere e di comprendere al solo scopo di sopravvivere.

Il proprio dell’uomo è la coscienza e non l’intelligenza che, come abbiamo appena visto è caratteristica dell’animale.

Come afferma Teilhard de Chardin: “Noi non siamo degli essere umani che vivono una esperienza spirituale, siamo degli esseri spirituali che vivono una esperienza umana.”

Ma che cos’è la coscienza?

Non prenderò il rischio di darne una definizione. Ecco per ora ciò che ne posso dire: fino a quando si è nel pensiero, non si è nella coscienza.

La coscienza non si capisce, essa E’.

A immagine dell’universo che ci è rivelato attraverso la fisica quantica, è sufficiente citare Richard Feynman quando dichiara: “Se voi credere di comprendere la meccanica quantica, è che non la comprendete.”

In effetti, secondo la fisica quantica, l’Universo è senza tempo e senza spazio, non lascia posto né alla causalità, né alla dualità, esso E’.

Questo nuovo paradigma universale non è accessibile né attraverso il pensiero - il mentale – né attraverso l’intelligenza.

Per maggior parte e da sempre funzioniamo mettendo la causa delle nostre disgrazie e della nostra felicità negli avvenimenti esterni “negativi” o “positivi”.

Come uscire allora dalla causalità e dalla dualità e vivere questa non dualità proposta in tutte le tradizioni spirituali? Come integrare questa dimensione spirituale che alcuni chiamano Risveglio, Saggezza o ancora Presenza?

Vi propongo di utilizzare i parametri con i quali interpretiamo la realtà per “costruire un cammino” che ha un solo scopo :noi stessi.

Il cammino delle realizzazione del sé non è tracciato prima: la sua unica referenza la nostra propria sperimentazione. Questa sperimentazione è fondata su due tappe successive ed essenziali, rispettivamente legate al tempo e allo spazio.

Il primo punto, legato al tempo è quello della non causalità.

Non possiamo mai realizzare l’essere unico che siamo nella nostra dimensione coscienza fino a quando consideriamo che c’è una causa esterna alla nostra felicità o alla nostra disgrazia.

In numerose tradizioni orientali, che sviluppano il concetto della reincarnazione, abbiamo la nozione di karma, secondo la quale ciascuno è interamente responsabile di suoi atti. Tutte le nozioni di vittima del mondo esterno è completamente esclusa, non c’è nessuna altra causa alla propria realizzazione di se stessi.

In altri termini, uscire dall’idea di una “causa esterna” è il solo vero primo passo verso sé.

Il secondo punto, legato allo spazio è quello della non dualità.

La dualità è un interpretazione della realtà, legata alla sopravvivenza, ma questa non ha una realtà propria.

Il positivo non esiste da solo: non esiste che nella relazione con il negativo.

La fisica quantica ci mostra che la vita è relazione, un movimento senza oggetto, né scopo. Ciascuno di noi è un universo unico, un movimento di vita, una relazione fra due elementi che non hanno alcuna realtà propria.

Così ogni volta che interpretiamo una avvenimento nella dualità noi ci tagliamo dalla nostra propria sperimentazione essendo al di fuori del cammino che conduce verso noi stessi.

Ogni elemento della nostra vita, ogni parte di noi stessi, è la totalità delle nostra vita e della nostra storia – come ogni parte dell’universo ne è la totalità.

Non c’è alcun avvenimento positivo o negativo, ciascuno parla interamente e unicamente di noi ed è al servizio della coscienza.

Vivere nella certezza che ogni cosa ha un senso al servizio della coscienza è il secondo passo verso noi stessi.

Questi due passi, anche se sono chiamati in modo differente sono in effetti un solo e unico posizionamento in questo nuovo paradigma della realizzazione di sé.

Questo sguardo sulla vita implica un cambiamento completo di atteggiamento di fronte agli avvenimenti della nostra esistenza. Ci porta a considerare che tutti gli avvenimenti che ci toccano sono l’espressione di una creatività unica che non abbiamo ancora rivelato.

Questo non si giustifica, questo non si argomenta, è un cammino di sperimentazione. In conclusione citerò ciò che il professo Erwin Laszlo invitato al Congresso di Bioanalogia di Bordeaux nel novembre 2016:

”Piuttosto che credere che è possibile, smettiamo di credere che questo non è possibile”.

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